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Buona lettura!

Come coltivare il nocciolo

Il nocciolo è una pianta un po’ diversa dalle altre specie tipiche del frutteto, poiché i suoi frutti rientrano nella categoria “frutta secca” o “frutta a guscio” e quindi si consumano in modo diverso rispetto agli altri.

La pianta fa parte della famiglia delle Betulacee e ha portamento naturale a cespuglio con apparato radicale fascicolato, ha corteccia liscia e sottile, foglie ovoidali a margine seghettato e provviste di peluria nella pagina inferiore.

Il nome botanico del nocciolo è Corylus avellana, si presta molto bene a valorizzare gli ambienti collinari e la sua coltivazione professionale, chiamata corilicoltura e si può condurre efficacemente secondo i metodi dell’agricoltura biologica.

Si tratta di una specie ben resistente e adattabile, che teme il freddo estremo e il caldo siccitoso e i ristagni idrici. Il nocciolo è una pianta presente in tutte le aree del nostro emisfero caratterizzate da clima temperato e in Italia si trova allo stato spontaneo in molte zone collinari e di bassa montagna. Si tratta di una specie rustica, che si adatta bene a svariate situazioni, anche se le temperature sotto i -12 °C accompagnate da un’elevata umidità dell’aria possono danneggiarla. Il momento di maggiore sensibilità al freddo è il risveglio vegetativo primaverile, quando i germogli appena spuntati vengono danneggiati anche da ritorni di freddo di 0°C. Anche le estati molto calde e siccitose con temperature che si protraggono a lungo sopra i 30 °C sono nocive perché causano la perdita anticipata delle foglie e portano ad un raccolto inferiore, con nocciole più vuote.

Il nocciolo è una pianta tipica dell’Italia, lo si trova in particolare in zone collinari, dal nord al sud in alcuni distretti di produzione (Piemonte, nelle langhe, in provincia di Viterbo nel Lazio, in provincia di Avellino e a Giffoni in Campania, alle pendici dell’Etna e sulle Nebrodi). Nuove coltivazioni stanno nascendo negli ultimi anni in altre regioni quali la Basilicata e la Calabria.

Pur adattandosi a vari terreni diversi, il nocciolo rifugge quelli con ristagni idrici in cui si verificano marciumi radicali e quelli con troppo calcare attivo dove si notano sintomi di clorosi ferrica sul fogliame. Sono preferibili quindi i suoli abbastanza sciolti o di medio impasto, con pH vicino alla neutralità e con un buon tenore di sostanza organica.

Per l’impianto di un noccioleto o anche solo di pochi esemplari, l’ideale è partire da piante di 1 o 2 anni di qualità certificata fornite  dai vivai accreditati.  Il momento migliore per il trapianto è l’autunno, anche se si possono realizzare impianti primaverili, purché dotati di impianti di irrigazione per non incorrere nel rischio di fallanze, ovvero della moria di alcuni esemplari.

Se si tratta di un noccioleto professionale è bene lavorare il terreno, meglio se nell’estate precedente all’impianto, allo scopo di garantire il drenaggio alle radici delle piante, mentre per la messa a dimora di poche piante si può ricorrere allo scavo delle singole buche come per gli altri fruttiferi.

La buca deve avere dimensioni tali da garantire una buona sistemazione dell’appartato radicale al suo interno e favorirne l’accrescimento simmetrico. Nel ricoprire la buca si esegue una concimazione di fondo con letame o compost ben maturi, miscelandoli alla terra degli strati più superficiali (evitando il contatto diretto tra fertilizzante ed apparto radicale). La buca può essere scavata a mano o con mototrivelle, (sconsigliato per i terreni argillosi con elevata umidità). La piantina si dispone con l’apparto radicale ben disteso nella buca (evitando il più possibile piegamenti dell’apparato radicale), il colletto deve restare a piano di campagna ed è consigliato affiancarle un palo tutore nel caso di piantine in vaso in zone particolarmente ventose. Si preme delicatamente il suolo per farlo aderire alle radici evitando il compattamento dello stesso ed infine si esegue una prima irrigazione per favorire l’attecchimento della pianta (in caso di piantumazione primaverile con piante in vaso)

Il sistema più semplice e diffuso per la propagazione del nocciolo è l’uso di polloni provenienti da ceppaie certificate, in cui si abbia la sicurezza di ottenere esemplari dalle stesse caratteristiche della pianta madre. Altri metodi di propagazione, usati sono la micropropagazione e la talea.

L’impollinazione del nocciolo è anemofila, avviene cioè grazie al vento che fa volare il polline dei fiori maschili, detti “amenti” su quelli femminili provvisti di ciuffo rosso. Le piante sono però autosterili, quindi per l’impollinazione è indispensabile la presenza di varietà diverse da quella coltivata che fungano da impollinatrici o di noccioli spontanei delle immediate vicinanze.

Le varietà colturali sono molteplici. La scelta va effettuata in base alle caratteristiche pedoclimatiche della zona in cui deve insistere l’impianto. In Piemonte, una delle regioni in cui più si coltivano i noccioli, sono diffuse le varietà Tonda Gentile delle Langhe, detta adesso Tonda Gentile Trilobata, la quale viene impollinata bene dalla varietà Tonda Gentile Romana, che fiorisce nello stesso periodo e che come si intuisce dal nome è di provenienza laziale. Citiamo inoltre alcune varietà campane come la Tonda di Giffoni, il Nocchione, la Mortarella e la S. Giovanni, queste ultime due a frutto allungato.

A seconda delle diverse varietà, soprattutto in base alla vigoria e anche in base alla fertilità del terreno, le distanze minime consigliate tra le piante sono di 3 x 5 metri e le massime di 6 x 6 metri.

Oltre alla potatura e al controllo delle avversità il noccioleto richiede poche operazioni di manutenzione: lo sfalcio periodico del suolo inerbito e un’eventuale pacciamatura intorno alle piante sono le principali lavorazioni da effettuare.

Oltre alla potatura e al controllo delle avversità il noccioleto richiede poche operazioni di manutenzione: lo sfalcio periodico del suolo inerbito e un’eventuale pacciamatura intorno alle piante sono le principali lavorazioni da effettuare.

Il nocciolo è un arbusto dall’intensa attività vegetativa, che deve essere potato perché assuma una forma ordinata, funzionale alla coltivazione, e la mantenga. Scopo della potatura oltre allo sfoltimento è anche favorire la produttività svecchiando i rami.

Il nocciolo cresce spontaneamente con un portamento a cespuglio, forma che spesso si asseconda anche nella coltivazione. Per ottenerla, dopo l’impianto della piantina in autunno si taglia quasi a terra in modo che emetta numerosi fusti o polloni. In primavera se ne scelgono 4 o 5 ben distanziati tra loro, che saranno gli organi principali, e si eliminano gli altri. Un’alternativa al cespuglio già ben collaudata è il portamento a vaso cespugliato, con un fusto principale basso da cui partono le branche a 30-40 cm da terra. Questa forma offre il vantaggio di eseguire le operazioni di potatura e di raccolta con più facilità rispetto al cespuglio. Un’altra forma possibile è quella ad alberello, che rispetto alla precedente presenta un fusto più alto ed è adatta alla corilicoltura professionale in cui si prevede la meccanizzazione.

La potatura nel nocciolo ha gli obiettivi di equilibrare l’attività vegetativa con quella riproduttiva, limitare il fenomeno dell’alternanza e quello della cascola anticipata dei frutti. Un ulteriore vantaggio è l’arieggiamento della chioma e quindi la migliore penetrazione della luce al suo interno. I periodi più indicati per potare sono l‘autunno-inverno, escludendo i momenti del gelo, fino a poco prima della fioritura.

Durante i primi due anni di norma non si eseguono interventi di potatura. Dal terzo anno e per gli anni successivi si interviene sfoltendo i fusti del cespuglio eliminando alla base quelli in eccesso. I 4 o 5 fusti principali del cespuglio, che nel gergo vengono chiamati pertiche, vanno periodicamente rinnovati. Dai fusti si sviluppano le branche che originano a loro volta i rami, che devono essere lasciati nel numero di 4 o 5 e lunghi circa 20 cm per garantire la produzione (quelli troppo corti non producono). Dopo 10 anni la potatura diventa più intensa, con vari tagli di raccorciamento, e questo aiuta ad equilibrare vegetazione e produzione.

Le patologie che possono colpire il nocciolo sono abbastanza occasionali. Tra le malattie più frequenti nel noccioleto ci sono i marciumi radicali, più probabili sui terreni soggetti a ristagno idrico. Queste patologie si notano per imbrunimenti spugnosi alla base della pianta e si fermano solo asportando le piante infette. L‘oidio o mal bianco invece è semplice da riconoscere: nel nocciolo mostra sintomi solo sulle foglie e si può contenere con irrorazioni di bicarbonato di sodio. Il mal dello stacco si verifica in prevalenza nei vecchi noccioleti e si manifesta con macchie bruno rossastre sulla corteccia delle branche e dei rami. Questa ultima patologia si blocca eliminando al più presto le parti di pianta colpite ed eventualmente trattando con prodotti a base di rame, adottando le dovute precauzioni e seguendo tutte le indicazioni presenti sull’etichetta del prodotto commerciale.

Quelle sopra menzionate sono tutte patologie di tipo fungino, ma il nocciolo può anche essere colpito da alcune batteriosi come lo Xanthomonas campestris, che si riconosce per le macchie su foglie e germogli, che si incurvano, si accartocciano e seccano, e che si può frenare trattando anche in questo caso con prodotti rameici.

Gli insetti che occasionalmente attaccano i noccioli sono il balanino, che col suo lungo rostro buca le nocciole per deporvi l’uovo. Dall’uovo esce la larva che vive a spese del seme, e che si può sconfiggere con trattamenti autunnali a base del fungo entomopatogeno Beauveria bassiana. Altri parassiti possibili sono le cimici, tra cui di recente anche la pericolosa e polifaga cimice asiatica, gli afidi. Altro nemico frequente nel noccioleto è l’eriofide galligeno, che danneggia le gemme e si riconosce dal loro ingrossamento, e che si può trattare con olio bianco estivo e zolfo, prodotti ammessi in agricoltura biologica. Tra gli insetti nocivi per il nocciolo citiamo anche il rodilegno, la cui presenza viene tenuta a bada dai picchi che si cibano delle larve.

In alcuni ambienti di coltivazione del nocciolo si possono riscontrare danni da parte delle mini lepri, che si cibano delle giovani foglie e dei germogli. Per ostacolarle si possono mettere delle reti circolari attorno alla base delle piantine appena trapiantate, da togliere poi man mano che queste cresceranno. Un altro mammifero che si ciba delle nocciole negli ambienti collinari e montani è il ghiro. Molto pericolosi sono anche i cinghiali che oltre a cibarsi dei frutti possono rovinare o addirittura distruggere la pianta. Per questo motivo, soprattutto nei luoghi in cui la presenza di questi mammiferi è elevato è necessario predisporre una robusta recinzione.

L’entrata effettiva in produzione dei noccioli avviene tra il quarto e il sesto anno dalla messa a dimora, è crescente fino all’ottavo e poi si stabilizza durando anche 30 anni o più a seconda del tipo di allevamento della pianta. La produzione è molto variabile sia in termini di quantità che di qualità in base a vari fattori quali: cultivar, fenomeni ambientali, irrigazione, manutenzione agronomica del corileto. Per dare un numero da una pianta adulta mediamente si possono ottenere 5 kg di nocciole.

La caduta delle nocciole è diversa a seconda della varietà e del luogo di produzione. Tra la prima e l’ultima caduta intercorre all’incirca un mese: il periodo può andare da metà agosto a settembre inoltrato.

La raccolta può avvenire in maniera manuale (con l’ausilio di soffiatori e aspiratori) in corileti di modesta dimensione o con strumenti meccanizzati in corileti di dimensioni più grandi.

La nocciola una volta raccolto non è ancora pronto al consumo: le nocciole devono essere essiccate per risultare conservabili, arrivando al 5-6% di umidità del seme e al 9-10% del guscio. L’ideale è stenderle su graticci su cui rigirarle spesso. Nelle produzioni professionali si ricorrere ad essiccatoi ad aria, che lavorano a temperature di circa 45 °C. Dopo l’essiccazione vanno conservate in locali asciutti e a temperature di circa 15 °C, meglio se all’interno di materiale traspirante come sacchi di carta o di juta.